Una bella recensione di Vanity Fair su “La tentazione di essere felici”

Partiamo per un viaggio con Cesare Annunziata? Lui è un vecchietto di 77 anni, parecchio arzillo, parecchio scorbutico, a volte -diciamolo – proprio intrattabile. E’ il protagonista di La tentazione di essere felici di Lorenzo Marone, appena uscito in libreria (Longanesi, pagg. 268, euro 14,90).
Il ragazzo, alla faccia di un infarto recente, frequenta ancora Bacco, Tabacco e Venere: sigarette, vino rosso e simpatiche signore a pagamento, armato di pilloline blu.Frequenta soprattutto una versione del mondo dichiaratamente simile al Barney Panovsky di Mordecai Richler. Una versione per niente consolatoria, cinica, che fa dell’essere politicamente scorretto e un po’ antipatico un vanto.
Almeno è così che ama presentarsi al mondo, in una Napoli pure lei non scontata che scivola sullo sfondo senza i soliti cliché. La sua maschera del resto (e lui lo sa benissimo) può risultare simpatica, parecchio, e di fascino. E’ così che Cesare, pagina dopo pagina, ci strega e si rivela uno di quei compagni di strada che ci restano scavati dentro. Con “massime di vita” qua e là con cui ci tocca confrontarci e che, pure quando ci va leggero, viaggiano ai ritmi dei tre esempi che seguono.
La vecchiaia? “Chi si lamenta della vecchiaia è un demente. Perché l’alternativa è una sola e non mi sembra auspicabile”.. Il sesso? “Frequento le mignotte, embè? Ho ancora le mie voglie da soddisfare e nessuno al mio fianco cui dare spiegazioni”. Il matrimonio? “La donna che non mi provocava più emozioni era nel mio letto ogni sera. Decisi di farci due figli. Lo so, non è stato un bel gesto, ma sono sicuro che molti sappiano di cosa parlo”.
Ma con la sua maschera, troppo cinica per essere (tutta) vera, dovrà farci i conti. La sfida era già partita in copertina: “Sono un vecchio egoista, degli altri me ne frego. Ci riuscirò anche questa volta?”.
Niente bilanci esistenziali. Questo è “un romanzo di formazione”, parecchio tardivo: la tentazione del titolo non ha età, anche a 77 anni si può rivoltare tutto e ricominciare.
Cesare ha un matrimonio da recuperare, dopo la morte della moglie, una scoperta inattesa e un esercito di amanti che arrivano fino alla cognata, e due figli da riconquistare come inevitabile corollario. Per provare a riuscirci dovrà togliersi, almeno un po’, quella maschera aggirandosi fra tre vicini di casa: una gattara, un amico gentile con cui la vita non è stata gentile e una ragazza da salvare (dalla violenza, un tema, tristemente caro a questo blog, che attraversa il libro d’improvviso come un doloroso taglio nella pelle).
Altro? Per ora no. Ma il viaggio con questo libro continua. Innanzi tutto vi consiglio di leggerlo perché secondo me è uno di quei romanzi che sul comodino, non solo ci stanno bene, ma ci restano, pronti a nuove sbirciate (io già lo faccio) e a ulteriori letture. Raramente mi è capitato un libro che “si beve” così bene la sera, senza troppe pretese, con naturalezza. Come un buon rosso.

Io intanto vi aspetto qui, assieme all’autore. L’operazione è simile a quella fatta con Quella vita che ci manca di Valentina D’Urbano. Anche stavolta ci sono racconti inediti (sei stavolta), scritti apposta per questo blog dall’autore, Lorenzo Marone (nella foto), 40 anni, ex avvocato, all’esordio – e che esordio, grazie Lorenzo – letterario “in grande”.
Ne pubblicherò uno a settimana(prima dell’intervista finale a Lorenzo), ognuno tocca un tema diverso. Cesare Annunziata ogni volta tocca i suoi vertici di uomo scorbutico e perciò illuminante, senza paraventi di comodo. Ogni volta sarà l’occasione per capire un po’ di più di lui, del romanzo e della vita stessa, vista a 77 anni dal suo angolo sotto al Vesuvio.


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