Racconti: il tempo delle lumache. La tentazione di essere felici /3
di MATTEO GAMBA
Terzo appuntamento con Lorenzo Marone. Dopo la presentazione del suo libro La tentazione di essere felici, appena uscito in libreria (ve lo consiglio, parecchio), e la pubblicazione del primo dei sei racconti inediti che ha scritto per questo blog: Vi sentite mai sicari o paravento (io si’)?.
Protagonista sempre lo scorbutico, cinico, sincero, Cesare Annunziata. Uno che, nonostante stia cercando di cambiare (e salvare) la sua vita a 77 anni, ha ancora tempo di guardare in basso.
Una piccola lumaca davanti ai miei piedi si trascina con forza sull’asfalto per raggiungere l’aiuola distante un metro. Mi fermo e resto ad ammirare il suo sforzo, le antenne che salgono e scendono a intermittenza, forse perché hanno captato la mia presenza, il respiro affannoso di un vecchio che non ha null’altro da fare che occuparsi di una lumaca. Il tacco di una signora sfiora la mia amica, che si rintana nel suo guscio. Cavolo, pochi centimetri e la lumaca ora sarebbe un paté di lumaca. Devo aiutarla. Avessi dieci anni di meno, mi abbasserei per prenderla, prima che venga spiaccicata da una delle tante giacche incravattate che passano veloci. Mi guardo attorno e mi rendo conto che la situazione è drammatica: il marciapiede è pieno di passanti, prima o poi qualcuno la centrerà in pieno. Nessuno, infatti, sembra guardare dove mette i piedi. D’istinto mi piazzo davanti all’animale, e una signora che parla al telefono mi sbatte contro la schiena.
«Ma che fa?» dice poi e mi guarda.
«Lei che fa? Non si è accorta che stava per ammazzarla?» e indico la lumaca che, nel frattempo, ha ripreso la sua lenta corsa verso la salvezza. Corsa che, in realtà, ha poche speranze di successo, come tentare di attraversare l’A1 con una gamba sola.
La donna mi guarda stranita e si allontana.
Siamo tu e io lumachina. Credo che nessun altro su questa strada si prenderà a cuore la tua situazione. Perciò vedi di darti una mossa, ché la mia vescica inizia a fare le bizze.
Un altro pedone mi sfila accanto e sorride. Cacchio hai da sorridere, vorrei dirgli, ma lui è già lontano. Stupido essere umano, che invece di aiutarci, sorride. Poi mi accorgo di un ragazzo con le cuffie e lo sguardo per aria che si sta avvicinando pericolosamente.
«Ehi» tento di dire, ma lui non può sentire e non guarda da questa parte.
«Allora?» domando ad alta voce, ma niente.
Pochi secondi e il tipo investirà la povera lumaca e il sottoscritto. Allora faccio un saltello e mi piazzo davanti a lui, giusto in tempo. Il ragazzo mi gira intorno e prosegue senza nemmeno guardarmi.
Intanto la lumaca è a pochi centimetri dall’aiuola.
«Si sente bene?»
Una ragazza dall’aria simpatica è ferma dietro le mie spalle. Ha i capelli corti con una ciocca blu più lunga vicino all’orecchio, e a tracolla una borsa a fiori.
«Sì, sì, stavo solo tentando di aiutare quella…» e indico il selciato.
Lei abbassa lo sguardo un attimo e torna a me con un sorriso.
«Ad attraversare senza rimetterci la pelle…» aggiungo.
La ragazza allora si abbassa, afferra la lumaca con le sue dita piccole e le unghie smaltate a pois e la pone nell’aiuola recintata. Poi dice: «Ciao lumachina, ringrazia questo signore gentile che ti ha salvato la vita.»
«Grazie» dico allora.
«Grazie a lei» ribatte la tipa con un altro sorriso, e se ne va.
Guardo la lumaca strisciare placida fra l’erba e strizzo l’occhio soddisfatto. Poi mi porto le mani dietro la schiena e mi rimetto in cammino. Devo tornare a casa per cambiarmi la camicia; ho fatto una sudata!
È che alla mia età è faticoso portare sulle spalle il peso del mondo.
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