Il cigno nero che spariglia la storia

L’11 settembre è uno di questi, un avvenimento sproporzionato e imponderabile, che nel tempo ha spinto a cambiamenti radicali nelle nostre abitudini. Dopo venti anni siamo ormai assuefatti ai controlli serrati in aeroporto, alle cabine degli aerei blindate, a non portare a bordo coltelli, forbici e altri oggetti pericolosi, abituati a estrarre dagli zaini le nostre cose private, il pc e gli indumenti, a farci perquisire come se fossimo tutti terroristi. E nemmeno ci facciamo più caso, e anzi ci sembra assurdo che prima non ci fosse quasi controllo, proprio come ci appare incredibile che in passato si potesse fumare nei ristoranti o nei cinema. È cambiato anche il nostro rapporto con l’Islam, molti luoghi del Medio Oriente sono diventati mete inaccessibili e pericolose. È proprio da quel giorno, se vogliamo, che ha avuto inizio la paura, la cultura della paura, che una certa politica ha cavalcato senza freni, la caccia al nemico che non si è arrestata con la morte di Bin Laden e la fine di Al Qaeda. Ci siamo assuefatti al pericolo incombente, è da lì che parte (o riparte) la diffidenza verso lo sconosciuto, nei confronti di culture diverse tutte potenzialmente avverse. È da quel giorno che serpeggia di nuovo e più forte l’odio che oggi si riversa contro chi viene di là dal mare. Dal cigno nero dell’11 settembre, in nome della sicurezza abbiamo imparato a convivere con le limitazioni, abbiamo assistito inerti alle guerre, al lancio di bombe contro i civili e i bambini.

E se quel giorno gli aerei non fossero arrivati a destinazione? Se il piano fosse fallito? Se i servizi segreti avessero intercettato i terroristi prima? Se Bin Laden fosse morto per una malattia? Quanti se nella storia, quali e quante strade avrebbe potuto prendere l’umanità senza l’imprevisto, l’imponderabile, il cigno nero che spariglia le carte?

Quanto cambierà la nostra vita futura dopo la pandemia?
Sarà normale un domani indossare le mascherine? Normale non abbracciarsi più? I nostri figli si saluteranno con l’inchino, come in Giappone? Andremo sempre meno ai ristoranti, in palestra, al teatro, ai concerti e al cinema? Fra vent’anni forse lavoreremo solo da casa, e guarderemo increduli al prima, quando scendevamo la mattina per andare in ufficio. Ci saranno solo aziende online e sarà prassi sanificare ogni cosa, come ormai è prassi l’uso del preservativo. E la politica? Come incanalerà questa nuova paura? Userà il cigno nero per fare o disfare, costruire o distruggere?
Se la pandemia non fosse arrivata, se il virus non fosse riuscito a passare dal presunto pipistrello all’uomo, il domani sarebbe stato migliore o peggiore? E se ci accorgessimo che a volte non avere risposte può essere un bene? Se ci rendessimo conto che il fallimento è utile a scardinare certezze e a cambiare prospettiva sulle cose?

E se il cigno nero servisse alla natura per spiegare che la perfezione a questo mondo non esiste?

Pagine: 1 2


Rispondi