Scuola, “quando l’istruzione era una cosa seria”

E così non restava che inventarsi qualcosa, un filone per esempio, bigiare la scuola, marinarla, ci siamo capiti, così da avere una mattinata di respiro e saltare la tanto temuta interrogazione di latino. Ma c’era il rischio di essere beccati in famiglia o dagli insegnanti, così, in alternativa, si escogitavano piani più elaborati, s’inventavano malattie rare e dolori strani, per convincere i genitori scettici che si era sul punto di morte. Per fortuna c’erano i termometri al mercurio, si avvicinavano alla lampadina e il gioco era fatto.

Oggi, con quelli elettronici, i ragazzi sono fregati. Ma oggi il problema è risolto a monte, non c’è bisogno di simili sotterfugi, fingere mal di pancia improvvisi o organizzare filoni nei parchi (e meno male, perché a Napoli ormai sono chiusi), a scuola gli studenti non ci vanno perché a scuola non si va più, semplice.

È un nuovo modello d’istruzione, il modello pandemia 2020.
Si entra in classe se e quando è possibile, se e quando arriveranno i nuovi banchi, se e quando assumeranno altri insegnanti di sostegno, se e quando non ci saranno elezioni, se e quando gli istituti saranno sanificati, se e quando non pioverà. I nostri ragazzi nemmeno capiscono la fortuna che hanno avuto a nascere in quest’epoca. Nemmeno sanno di quando la scuola era una cosa seria e l’istruzione era considerata l’unica strada possibile. Dovremmo ricordare loro i sacrifici che abbiamo fatto noi per saltare un solo giorno in classe. Così ci ringrazierebbero, invece di lamentarsi.

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