Se lo Stato non è buon padre di famiglia

Cosa fa allora il buon padre di famiglia che non riesce ad arrivare alla fine del mese? Chiede un altro prestito, ovvio. E si indebita ancora, di modo che dovrà poi pagare interessi maggiori. E alla fine, disperato, quale carta gli rimane per mantenere la famiglia nonostante la marea di debiti contratti? Tagliare le spese. E quali spese taglierebbe un buon padre per assicurare ai figli una vita comunque dignitosa e un futuro diverso? Be’, quelle “superflue”, smetterebbe di andare al ristorante probabilmente, non comprerebbe più vestiti per sé e regali per la moglie, venderebbe l’auto. Invece lo Stato che fa?

Cos’ha fatto negli ultimi decenni? Ha tagliato sanità, istruzione, ricerca e cultura. Come se io, squattrinato e indebitato, decidessi che l’unica strada sia non comprare i testi scolastici a mio figlio, non mandarlo dal medico se ha un malanno, non investire sul suo benessere, non portarlo a un cinema o non comprargli il libro che ama, che tanto sono beni non essenziali. Forse così potrei salvare le mie finanze, ma avrei di certo gettato le basi per creare un adulto incompiuto, e un insieme di adulti incompiuti formano una società monca, senza prospettive e istruzione, priva di passioni, e senza neanche la salute assicurata.

I soldi che oggi (chissà quando) riceveranno i ristoratori e le altre categorie a rischio, ricordiamolo per dovere di cronaca, non sono un atto di carità, non piovono dal cielo, sono altri debiti contratti, che un domani pagheranno i nostri figli, quelli senza futuro e prospettive, cresciuti nel Paese europeo che spende di meno per l’istruzione e la ricerca.

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